Dal 2025 cambiano definitivamente i calcoli per le pensioni. Ecco che cosa accade e chi sarà penalizzato!
Dal prossimo gennaio, i futuri pensionati dovranno fare i conti con un calo degli importi degli assegni previdenziali. Il motivo? L’introduzione dei nuovi coefficienti di trasformazione. Questo meccanismo, attivo dal 1996 con la legge Dini e modificato dalla riforma Fornero del 2011, tiene conto dell’aumento dell’aspettativa di vita, aggiornando ogni due anni gli importi delle nuove pensioni.
Il principio è semplice: se ci si aspetta che le persone vivano più a lungo, l’importo delle pensioni mensili deve essere ridimensionato per coprire un periodo più lungo di erogazione. Questo adeguamento non interessa chi è già in pensione, i cui assegni saranno rivalutati in base all’inflazione, ma solo chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2025 in poi.
Un esempio pratico aiuta a capire: un lavoratore con 400.000 euro di contributi e 67 anni di età, se si ritira nel 2024, avrà un assegno annuale di 22.892 euro. Lo stesso lavoratore, ritirandosi nel 2025, percepirebbe 22.432 euro, con una differenza di 460 euro all’anno, pari a circa 40 euro al mese. L’impatto diminuisce per chi va in pensione prima, ma resta comunque evidente.
Questo aggiornamento segue un periodo eccezionale. Negli anni della pandemia, l’aspettativa di vita era diminuita, determinando assegni leggermente più alti per il biennio 2023-2024. Tuttavia, con il ritorno alla normalità, l’età media in Italia è risalita, incidendo nuovamente sui calcoli.
Il sistema, che varia anche in base all’età del pensionato, penalizza maggiormente chi si ritira prima, poiché i coefficienti sono più bassi. La questione solleva interrogativi su come i futuri pensionati possano prepararsi a queste riduzioni.
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