Mosca attacca i leader europei, accusandoli di bloccare i negoziati di pace tra Trump e Putin. Ecco cosa sta succedendo prima del vertice in Alaska.
A cinque giorni dall’incontro in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin, Mosca punta il dito contro l’Europa.
Il Cremlino accusa i governi occidentali di voler sabotare ogni tai
entativo di avvicinamento tra Washington e Mosca sul fronte ucraino.
Parole durissime arrivano dall’ex presidente Dmitry Medvedev, che bolla i leader europei come ostacoli deliberati al processo di pace promosso dagli Stati Uniti.
Il casus belli è una dichiarazione congiunta firmata da Francia, Italia, Germania, Polonia, Finlandia e Unione Europea.
In quel documento, i leader ribadiscono il pieno sostegno all’integrità territoriale di Kiev e invitano ad aumentare la pressione su Mosca con nuove sanzioni.
Un messaggio che, secondo la diplomazia russa, non solo respinge il dialogo, ma rafforza la linea dura.
Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, alza ulteriormente i toni, definendo quel comunicato un testo carico di ostilità e paragonandolo a propaganda estrema.
Parole che segnano l’ennesimo strappo nei rapporti tra Russia e Unione Europea, in un contesto già minato da mesi di tensioni e recriminazioni.
Per Mosca, l’Europa non sta semplicemente difendendo i propri principi, ma sta giocando un ruolo attivo per impedire agli Stati Uniti di mediare una tregua.
Un’accusa che arriva in un momento cruciale, con l’incontro in Alaska destinato a diventare un banco di prova per eventuali aperture tra le due potenze.
Sul tavolo, oltre alla guerra in Ucraina, pesano anche le questioni energetiche, le forniture di armi e il ruolo delle alleanze internazionali.
Ogni parola pronunciata in questi giorni rischia di avere un effetto domino su decisioni e strategie a lungo termine.
E mentre le cancellerie europee ribadiscono che la pace non può prescindere dal rispetto dei confini ucraini, Mosca fa trapelare l’idea che la rigidità occidentale stia rendendo impossibile qualsiasi intesa.
In questo clima infuocato, la sfida diplomatica si gioca tutta sul filo della comunicazione, dove ogni frase pesa quanto una mossa sul campo di battaglia.
La partita è aperta, ma il tempo stringe.
E l’Alaska, tra pochi giorni, potrebbe diventare il palcoscenico di un nuovo capitolo di questa lunga e complessa guerra diplomatica.
Che ne pensate di questa escalation verbale? Fatecelo sapere nei commenti.