• Sab. Lug 12th, 2025

Svolta nel caso Chiara Poggi: il mistero del nuovo DNA maschile

Un minuscolo frammento di DNA maschile non identificato riaccende i dubbi sull’omicidio di Garlasco. Tutti i dettagli sull’inchiesta e le reazioni dei protagonisti.

Un piccolo frammento di DNA maschile emerge dal passato. A 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, un vecchio tampone orale analizzato solo ora rivela una minuscola traccia genetica. Non appartiene ad Alberto Stasi, l’ex fidanzato condannato a 16 anni, né ad Andrea Sempio, indagato di recente. Ma di chi è?

Il campione è stato riesaminato nel corso dell’incidente probatorio su ordine della gip Daniela Garlaschelli. Denise Albani, la genetista incaricata, ha individuato un profilo di cromosoma Y in quantità talmente ridotta da far pensare a un possibile errore o a una contaminazione. Basterebbe il tocco di chi, anni fa, maneggiò la garza usata per il prelievo.

Alcuni esperti ipotizzano che quel DNA estraneo possa provenire dall’assistente del medico legale che fece i primi rilievi, Dario Ballardini. Nulla di certo, solo ipotesi. Servono nuove analisi per capire se quel profilo sia davvero leggibile e confrontabile.

Gli specialisti nominati dalla famiglia Poggi invitano alla prudenza. Dicono che siamo solo all’inizio di un’equazione complessa e non si può pensare di aver già risolto il mistero.

Intanto la Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, e i carabinieri milanesi sembrano credere in un altro scenario. Nei loro atti si ipotizza che Sempio non abbia agito da solo. Per loro c’è l’ombra di un complice ancora ignoto.

Ma la difesa della famiglia Poggi resta netta. Gian Luigi Tizzoni, avvocato dei genitori di Chiara, definisce la notizia del DNA sconosciuto del tutto priva di fondamento. Per lui non esistono prove di soggetti estranei sulla scena del crimine, tanto meno sul corpo della ragazza.

Secondo Tizzoni, si tratta dell’ennesima ipotesi costruita senza riscontri oggettivi che possa mettere in dubbio la verità processuale già accertata: Alberto Stasi è stato riconosciuto colpevole.

Intanto altri reperti, prelevati con tamponi e campionati all’ultimo minuto, attendono nuove verifiche. Finora, dal tappetino e dai tamponi orali di Chiara è emerso solo il suo DNA. Nemmeno il segmento di capello trovato tra i rifiuti ha dato risultati.

E poi c’è la famosa impronta sul muro delle scale che portano alla cantina, la cosiddetta “impronta 33”, accanto al luogo in cui fu trovato il corpo. Due consulenti della difesa di Sempio sostengono che quella macchia non sia sangue, ma semplice sudore.

Sul fronte opposto, il DNA di Stasi è stato confermato su una cannuccia di Estathè mai analizzata ai tempi del delitto, uno dei tanti dettagli che continuano a generare polemiche.

C’è un altro nodo cruciale: i margini ungueali di Chiara. Qui sono stati isolati due profili genetici, uno attribuito a Sempio da una vecchia consulenza della Procura. Su questi campioni si concentrerà la parte più importante del nuovo accertamento tecnico, ma al momento non esiste ancora un calendario preciso.

I periti della gip hanno chiesto il materiale grezzo e le vecchie schede di lavoro al professor De Stefano, che in appello aveva ritenuto quei dati insufficienti. La partita resta apertissima.

Intanto la famiglia Cappa alza la voce. Parla di indignazione e sdegno per il proliferare di falsi testimoni e consulenti improvvisati che continuano a infangare la loro reputazione.

I legali dei Cappa annunciano denunce per diffamazione e calunnia contro chiunque contribuisca a diffondere notizie infondate o non verificate. Invitano la stampa a non spettacolarizzare il loro dolore e a raccontare i fatti con rispetto e precisione.

Un caso che non smette di far discutere. Un mistero che si complica a ogni nuova analisi. E un dolore che, dopo 18 anni, resta vivo.

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