Scopri la storia inquietante dell’americano dai mille volti: da chef a regista, da truffatore a presunto assassino. Tutto quello che devi sapere sul caso che ha sconvolto Roma.
Da chef improvvisato a sceneggiatore ambizioso. Da regista visionario a cantante lirico in cerca di gloria. Charles Francis Kaufman ha indossato mille maschere, cambiato nomi come abiti di scena: Rexal Ford, Matteo Capozzi, e chiunque volesse essere per ingannare chi lo circondava. Dietro quel talento camaleontico, però, si nascondeva un oscuro sospetto: il duplice omicidio di Villa Pamphili.
Le ultime tracce lo hanno portato in Grecia. Lì è finito dietro le sbarre del carcere di Larissa. Non è rimasto calmo: ha distrutto la sua cella, sfidato le guardie a voce alta, costretto il direttore a trasferirlo d’urgenza in un reparto psichiatrico. Non una prima volta per lui. Anche in Italia, nel carcere di Rebibbia, ad attenderlo ci sarà un’ala riservata ai detenuti più instabili. Ed è lì che lo porteranno domani. Un volo speciale lo farà atterrare a Ciampino, dove la polizia italiana lo scorterà fino a Roma.
Roma. La città dove ha incontrato la sua compagna Anastasia Trofimova e la piccola Andromeda. Dove, secondo gli inquirenti, avrebbe messo fine alle loro vite per poi occultarne i corpi tra gli alberi di Villa Pamphili. Niente delitto passionale annunciato. Niente segnale d’allarme chiaro. Solo il silenzio cupo del parco che ha custodito un segreto orribile.
Ma Roma è anche il palcoscenico delle sue bugie. Kaufman sapeva vendersi bene. Arrivato dalla Sicilia dopo uno sbarco clandestino in catamarano, con la famiglia al seguito, si è costruito un’identità su misura. A Malta aveva finto di essere uno chef di successo. In Italia ha indossato la maschera del regista internazionale. Ha raccolto sogni altrui come produttore, offrendo illusioni a scrittori emergenti che gli affidavano sceneggiature con la speranza di vederle al cinema.
E non erano solo promesse da cialtrone. Una delle sue idee, Stelle della notte, era riuscita a entrare nel circuito del tax credit, ottenendo più di 800mila euro di finanziamento pubblico grazie alla Coevolutions, la società che aveva presentato il progetto a suo nome. Un colpo da maestro della truffa. Un raggiro legale e documentato, senza spargimenti di sangue.
Eppure non gli bastava. Kaufman voleva di più. Desiderava il prestigio dell’arte, la sacralità del palcoscenico. Così, qualche settimana prima dell’orrore, si era presentato al Teatro dell’Opera di Roma. Non conosceva le regole, non aveva competenze. Ma aveva un cognome famoso: Kaufman, evocativo del celebre Jonas, mito della lirica mondiale. Si è convinto che bastasse.
Si è fatto trovare davanti alla portineria del Teatro, nel cuore di Roma, raccontando di voler fare un’audizione. Gli hanno spiegato che non era così semplice, che bisognava fare domanda per email. Kaufman ha seguito la procedura, ma la sua richiesta è rimasta lettera morta. Nessuna risposta. Nessuna carriera da tenore. Solo un altro fallimento mascherato da occasione.
Di lui non si ricordano opere, né set cinematografici reali, né tournée teatrali. Solo un talento inquietante per ingannare, per trasformarsi, per assumere identità credibili fino a un certo punto. Poi tutto crollava. Come un castello di carte spazzato via dal vento.
Domani arriverà di nuovo a Roma, questa volta senza maschere. Ad attenderlo ci sarà la giustizia italiana, i processi, le celle. Ma nessun copione. Nessun ruolo scritto da altri. Solo la verità a cui non potrà più sfuggire.
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