Una nuova crisi urgente tra Bangkok e Phnom Penh. Esplosioni, evacuazioni, F‑16 e tensione diplomatica attorno al tempio conteso. Leggi l’analisi completa sulla svolta attuale.
Un’escalation ai confini del Sudest asiatico infiamma i rapporti tra Thailandia e Cambogia. Nelle ultime ore le diplomazie di Bangkok e Phnom Penh si sono ritirate a un livello operazionale minimo, mentre sul terreno aumentano tensioni e feriti, in un crescendo che alimenta soprusi e drammi nazionali.
Eserciti contrapposti si sono ingaggiati in uno scontro segnato da artiglieria pesante, una mina esplosa che ha ucciso un soldato thailandese e 11 civili, decine di feriti – alcuni gravi – e oltre quarantamila sfollati. Un caccia F‑16 thailandese ha abbattuto un bersaglio militare cambogiano. Il fuoco e l’evacuazione si sono sovrapposti in una tensione che ha già superato ogni contenimento.
Al centro dell’ostilità resta il tempio di Preah Vihear, conteso fin dal periodo coloniale francese. Una sentenza del 1962 della Corte dell’Aia, confermata nel 2013 dopo un conflitto armato nel 2011‑2012, ha assegnato la sovranità alla Cambogia. Ma la pace è rimasta fragile. A maggio un episodio isolato ha causato la morte di un militare cambogiano: il casus belli che ha alimentato tensioni latenti.
Una telefonata tra l’allora premier thailandese Paetongtarn Shinawatra e l’ex leader Hun Sen di Phnom Penh aveva pur sembrato sanare la situazione. Ma la diffusione di una registrazione in cui l’ex premier usa l’espressione “zio” per riferirsi a Hun Sen, un termine considerato sottomissivo, ha scatenato l’ira di Bangkok. I militari thailandesi si sono sentiti umiliati. Ne è seguita la rimozione di Shinawatra a luglio, innescando un vuoto politico che ha lasciato il terreno fertile per una nuova ondata di ostilità.
Mercoledì la crisi ha raggiunto un punto di non ritorno: si sono aperti i fuochi reciproci lungo la linea di confine. Su iniziativa della Cambogia, Hun Manet ha scritto al presidente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, chiedendo un intervento urgente per porre fine all’“aggressione thailandese”, dopo che l’esercito thailandese ha ammesso l’operazione aerea: uno degli sei F‑16 schierati al confine ha colpito e distrutto un obiettivo militare cambogiano. Il vice portavoce militare thailandese ha spiegato che l’uso della potenza aerea è avvenuto contro bersagli militari, in linea con le aspettative delle operazioni di difesa.
Pochi mezzi a disposizione per la Cambogia, priva di aviazione in grado di rispondere. Hun Manet ha denunciato il bombardamento di due province nel suo paese. Nel contempo Bangkok ha accusato le forze di Phnom Penh di aver aperto il fuoco vicino al sito conteso di Ta Moan Thom, inviando un drone di ricognizione sul suolo thailandese. Hun Sen ha diffuso un post in cui sostiene che la sua truppa non avrebbe potuto fare altro che contrattaccare, mentre il generale thailandese Nattapol Nakphanit – alla guida ad interim della Difesa – ha giurato difesa della sovranità thailandese, affermando che non sarebbe tollerata alcuna invasione di territorio.
In campo diplomatico l’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN) prova a intervenire. Il premier malese Anwar Ibrahim — presidente di turno del blocco — ha dichiarato la volontà di mediare, considerando Thailandia e Cambogia tra i membri più vicini alla Malesia. Anche la Cina ha espresso preoccupazione per questa trama di ostilità, invitando le parti a dialogare in modo costruttivo e garantendo una posizione «equidistante e imparziale».
Ombre lunghe sul futuro delle relazioni bilaterali. La crisi ha radici storiche antiche, ma si alimenta di ferite apertamente politiche e nazionali. I militari thailandesi reclamano dignità e sovranità da difendere. Dall’altra parte, la Cambogia reclama il rispetto delle decisioni internazionali e difende il suo diritto territoriale. Un confronto che rischia di trascendere il teatro locale e coinvolgere partner regionali e organizzazioni internazionali. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se una via di dialogo riuscirà a spegnere le spine di un conflitto che non dava segnali di spegnersi.
Lascia un commento con il tuo pensiero su questa situazione.