Ozzy Osbourne si spegne a 76 anni: scopri la sua storia tra ribellione, eccessi e la creazione del sound che ha definito l’heavy metal. Lascia il tuo tributo.
Una leggenda del rock si spegne lasciando un segno indelebile. Ozzy Osbourne non era soltanto un frontman: era una creatura di palcoscenico, un animale selvaggio in grado di catturare l’attenzione e provocare, vivendo al limite tra eccessi e misteri. È stato proprio quel mix di talento autentico e ribellione autodistruttiva a forgiarne il mito: tra alcol, dipendenze e la fama di “Prince of Darkness”, ha scritto un capitolo irripetibile nella storia dell’heavy metal.
Oggi il mondo della musica piange Ozzy Osbourne, scomparso a 76 anni. Il suo passaggio terribilità ha lasciato un vuoto immenso tra i fan di ogni generazione. La notizia è arrivata attraverso un comunicato della famiglia nel Regno Unito, poi diffuso in tutto il mondo: una perdita che ha colpito in modo profondo gli Stati Uniti, dove Ozzy ha vissuto a lungo, e ogni angolo del pianeta.
Il messaggio ufficiale non ha bisogno di orpelli: la sua famiglia ha annunciato con dolore che Ozzy si è spento questa mattina circondato dagli affetti più cari. Hanno chiesto che venisse rispettata la loro privacy: una breve richiesta che però ha scatenato un’ondata di messaggi di cordoglio da parte di musicisti, colleghi e fan.
John Michael Osbourne nasce nel 1948 a Birmingham, in una famiglia della working class. È ascoltando i Beatles che trova la scintilla che lo avvicina alla musica. All’inizio degli anni Settanta, quel ragazzo ribelle fonda i Black Sabbath insieme a Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward. Quelle quattro figure, un po’ naif e un po’ sacrileghe, inventano un nuovo suono: cupo, pesante, rivoluzionario.
Il nome Sabbath arriva dal titolo italiano di un film horror di Mario Bava, “I tre volti della paura”, e già questo racconta molto del loro spirito provocatorio. Nella loro prima decade di vita, pubblicano capolavori che segnano la storia: Black Sabbath, Paranoid, Master of Reality, Sabbath Bloody Sabbath. Osbourne guida la band con una voce nera e potente, con un carisma teatrale capace di incantare migliaia di fan in ogni angolo del globo.
Negli anni 1978, però, quel vortice di eccessi prende il sopravvento: Ozzy viene allontanato dal gruppo. Le sue lotte con alcol e droga sconvolgono non solo la sua carriera, ma anche la sua mente. In una spirale di autodistruzione, sembra non esserci via d’uscita. La svolta arriva grazie a Sharon: decide di prendersi cura di lui e diventa la sua manager. Con lei, Ozzy riprende forza, cambia etichetta discografica e si trasferisce in America. Negli anni Ottanta inizia un nuovo capitolo, da solista, che lo consacra tra le icone della musica. Non mancano collaborazioni prestigiose, momenti alti e cadute profonde, segni di un viaggio tormentato ma artistico.
La strada dei Black Sabbath, però, non si interrompe del tutto. Nel 1985 Ozzy torna a cantare con loro. Seguono anni di reunion: dai tour del 1997 al 2006, fino al grande ritorno del 2011. Nel 2017 però arriva la decisione finale: i Black Sabbath si sciolgono. Per Ozzy, il 2017 segna anche l’inizio di una nuova battaglia: gli viene diagnosticata la malattia di Parkinson. Da quel momento, ogni concerto diventa una sfida non solo artistica, ma fisica.
Eppure, nemmeno la malattia è riuscita a fermarlo. Il 5 luglio, in un emozionante evento al Villa Park di Birmingham, Ozzy torna sul palco per un ultimo saluto: insieme alla formazione originale e con ospiti del calibro di Metallica, Guns N’ Roses, Slayer e Pantera. Un concerto che unisce generazioni diverse sotto il segno di una leggenda del rock.
Oggi quel concerto diventa parte definitiva della sua storia. Un addio rituale, un’ultima esplosione di energia. Ma la vera fine, dolorosa e irreversibile, arriva questa mattina.
Ozzy Osbourne se ne va lasciando una scia di successo, rancore, amore, follia e musica incancellabile. Una carriera che ha sfidato ogni limite, oscillando fra luce e ombra, tra gloria e caos. Quella voce roca ora rimane nei cuori di chi lo ha ascoltato, nei riff che ha creato, nei palchi che ha incendiato. Un eco eterno.
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