Corruzione e Garlasco: la Procura di Brescia dispone perquisizioni nelle dimore di Venditti, dei famigliari Sempio e di ex inquirenti. Al centro: un appunto e movimenti di 30‑40 mila euro da chiarire.
Le indagini sul delitto di Garlasco vivono una svolta scioccante. Poco prima dell’alba, carabinieri e Guardia di Finanza hanno fatto irruzione nelle abitazioni di familiari di Andrea Sempio e in quelle di ex investigatori e magistrati. Obiettivo: ricostruire la rete nascosta dei sospetti movimenti di denaro che potrebbero aver influenzato l’esito delle indagini.
Tra i perquisiti spicca la casa di Mario Venditti, già procuratore di Pavia, che nel 2017 aveva disposto l’archiviazione del caso contro Sempio. Ora è indagato per corruzione in atti giudiziari, e gli investigatori seguono piste finanziarie che partono dai conti dei familiari di Sempio. Sembrerebbe che l’archiviazione non fosse un atto neutro, ma condizionato da somme ingenti versate dietro le quinte.
I pm di Brescia denunciano anomalie che inquietano: omissioni nelle trascrizioni delle intercettazioni ambientali, contatti opachi con la sezione di polizia giudiziaria e, forse il nodo più sconvolgente, la brevità sospetta dell’interrogatorio di Sempio. Tutto lascia pensare che la famiglia potesse già conoscere in anticipo le domande che sarebbero state poste.
Le perquisizioni hanno toccato Pavia, Genova e Campione d’Italia — qui Venditti ricopre oggi la presidenza del consiglio di amministrazione del Casinò — e si sono estese alle case dei genitori e zii di Sempio, oltre che agli appartamenti di due carabinieri in congedo che in passato operarono nella sezione P.G. del tribunale pavese. Non manca una traccia fisica inquietante: un appunto su un block‑notes con la scritta “Venditti / gip archivia X 20‑30 euro”, con data “febbraio 2016”, che gli inquirenti collegano alla grafia di Giuseppe Sempio, padre di Andrea.
Dagli accertamenti patrimoniali emergono movimenti sospetti: circa 33‑40 mila euro transitati da parenti di Sempio verso il suo nucleo familiare, ma non risulta alcuna destinazione ufficiale verso gli avvocati. Quel denaro sembra scomparso nel nulla. La Procura di Brescia ritiene che possa essere compatibile con l’importo annotato nel promemoria svelatore.
Al cuore di questa svolta c’è un interrogativo spietato: quanta della verità è rimasta sepolta dal potere e dai soldi? Il dossier su Garlasco riapre ferite che credevamo sanitizzate, mentre torna alla luce l’ipotesi che uno dei passaggi giudiziari più delicati sia stato manomesso.
Ora tocca agli inquirenti dipanare la matassa. Ogni frammento può essere decisivo: un’appartenenza, una grafia, una cifra. E già si teme che nuove verità sconvolgano ancora una volta l’equilibrio fragile di una vicenda rimasta senza un finale certo.
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