Il caso di Gabriele Natale Hjorth scatena la polemica. La sua pena per l’uccisione del brigadiere Mario Cerciello Rega di 35 anni è stata ridotta. Cosa significa per la giustizia italiana.
Hai mai pensato che in Italia uccidere un Carabiniere non significhi per forza marcire in galera?
Il caso di Gabriele Natale Hjorth scuote le coscienze. La sua pena è stata appena ridotta: 10 anni, 11 mesi e 25 giorni. Cinque mesi in meno rispetto all’appello precedente. Un taglio deciso dalla Seconda Corte di Assise di Appello di Roma, accogliendo la richiesta della Procura Generale.
Hjorth non era l’esecutore materiale: la sua accusa era di concorso anomalo in omicidio per la morte del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso a coltellate a Roma nel 2019. Ma resta riconosciuta la sua responsabilità penale. La Cassazione l’aveva già confermata, ordinando solo di rivedere la durata della pena.
Intanto, mentre la famiglia del Carabiniere piange, Hjorth non è in carcere. Sta ai domiciliari, con il braccialetto elettronico, nella casa della nonna a Fregene.
Il suo complice, Finnegan Lee Elder, l’uomo che colpì a morte Cerciello Rega, ha già una condanna definitiva a 15 anni e due mesi.
Un omicidio che ha lasciato il Paese senza fiato, tra rabbia e polemiche. C’è chi si indigna per pene che sembrano uno sconto di favore, chi si interroga sul senso della giustizia.
E tu? Cosa ne pensi di questa storia? Sei d’accordo con questa riduzione di pena? Dillo nei commenti.